Ogni masterclass inizia con la stessa storia: “Continua! Scrivi! Non fermarti!” E ti senti come uno studente che riceve una lezione erotica sulla perseveranza – il tocco del consiglio è morbido, promettente, quasi intimo.
Il problema? Se ogni scrittore lo fa, il mondo sarebbe già pubblicato. Tutte le parole si scontrerebbero tra loro, come centinaia di anime che si masturbano cercando di raggiungere il climax nello stesso momento. La ricerca della “linea perfetta” diventerebbe un’orgia collettiva di testi.
“Scrivi ogni giorno”, dicono. Leggero come una carezza, ma presto senti la pazienza trasformarsi in tirannia. Scrivi, scrivi, scrivi, e il mondo sembra non solo pari ai tuoi sforzi, ma a quelli di milioni di altri – ciascuno con la propria masturbazione di parole, ciascuno pensando di seguire la chiave segreta della pubblicazione.
“Segui il processo”, ti esortano. E il processo somiglia a un rito erotico senza climax, perché ogni partecipante lo fa in maniera assurda e identica. Il mondo si trasformerebbe in una biblioteca infinita di piacere inutile, dove ogni libro urla: “Sono scritto, quindi devo esistere!”
E così, continui. E continui. Ma realizzi che “Continua!” è solo un feticcio vuoto, un rituale dello scrittore che crede nell’estasi dei consigli. L’assurdità è dolce: se tutti seguono queste regole, essere pubblicati non ha più alcun valore – sei solo parte dell’infinito litporno della scrittura, dove l’estasi sta nello sforzo stesso, e il risultato è una biblioteca vuota che nessuno può abbracciare.